Con questo seminario del 29 novembre 2019, l'Ordine ed il Collegio degli Ingegneri di Venezia, in collaborazione con l'Ateneo Veneto, vogliono tributare omaggio alla memoria dell'ing. Eugenio Miozzi nella ricorrenza del XL anniversario della scomparsa, avvenuta il 10 aprile del 1979. Ingegnere Capo Emerito del comune di Venezia, uomo di grande cultura, tecnico innovatore e amministratore esemplare, fu lungimirante precursore di iniziative ancora attuali; con le sue opere diede lustro alla città adottiva.
A Venezia appena quarantenne, assunse la direzione dell'ufficio tecnico comunale, che resse con grande autorevolezza e con esemplare senso del dovere per oltre 20 anni. Tra le due guerre mondiali, in un periodo politicamente difficile, seppe mediare abilmente le esigenze monumentali e retoriche del regime, con il rispetto del prezioso contesto urbano e con i valori artistici della città.
Per la città lagunare, la sua azione non fu meno importante di quella svolta da altri illustri contemporanei veneziani, Giuseppe Volpi, Achille Gaggia, Vittorio Cini, Leopoldo Toeplitz e Giancarlo Stucky; il concorso delle sue opere pubbliche fu essenziale per rompere l'isolamento della città lagunare, conferirle un ruolo di livello internazionale e favorire lo sviluppo industriale, economico e sociale. Uomo di grande cultura e sensibilità artistica, tra i mille impegni professionali, trovò il tempo di scrivere un'opera che rappresenta un pregevole omaggio letterario alla sua patria adottiva: "Venezia nei secoli".
Lasciata l'amministrazione comunale per raggiunti limiti di età, non cessò tuttavia l'attività, occupandosi di studi e progetti di opere civili e di infrastrutture portuali e stradali; nuove iniziative e proposte, sempre lungimiranti e geniali, ma tali da suscitare anche discussioni e contrasti. I tempi erano cambiati, tuttavia affrontò con rinnovata passione le sfide della tutela ambientale di Venezia e della sua laguna, partecipando in modo critico e talvolta polemico, al dibattito di salvaguardia.
Competente e concreto, alieno al lezioso formalismo matematico, fermo nelle proprie convinzioni, che sostenne sempre con logica rigorosa e onesta passione, fu un convinto assertore della valenza sociale della professione di ingegnere, che onorò come uomo, come professionista e come amministratore pubblico.
Bresciano di nascita, dopo la laurea in ingegneria civile, conseguita con lode a Bologna, si formò nei ranghi dell'amministrazione dello stato, dapprima nel Corpo Reale del Genio Civile e in seguito nella neonata Azienda Autonoma delle Strade Statali; inizialmente operò in Libia e poi a Belluno, Trento e Bolzano e infine a Venezia, dove ottenne i maggiori riconoscimenti professionali e dove trascorse gli ultimi anni di vita.
Pioniere dell'impiego del calcestruzzo, contribuì a divulgare questa nuova tecnica costruttiva collaborando con Luigi Santarella e scrivendo manuali tecnici di grande successo. Contribuì allo sviluppo ed al progresso delle costruzioni stradali, guadagnandosi il prestigio di abile costruttore di ponti. Innovatore, perfezionò il metodo di autocompressione delle volte di Eugéne Freyssinet e per primo in Italia, sperimentò con successo la pretensione del ferro nelle strutture di cemento armato.A Venezia appena quarantenne, assunse la direzione dell'ufficio tecnico comunale, che resse con grande autorevolezza e con esemplare senso del dovere per oltre 20 anni. Tra le due guerre mondiali, in un periodo politicamente difficile, seppe mediare abilmente le esigenze monumentali e retoriche del regime, con il rispetto del prezioso contesto urbano e con i valori artistici della città.
Per la città lagunare, la sua azione non fu meno importante di quella svolta da altri illustri contemporanei veneziani, Giuseppe Volpi, Achille Gaggia, Vittorio Cini, Leopoldo Toeplitz e Giancarlo Stucky; il concorso delle sue opere pubbliche fu essenziale per rompere l'isolamento della città lagunare, conferirle un ruolo di livello internazionale e favorire lo sviluppo industriale, economico e sociale. Uomo di grande cultura e sensibilità artistica, tra i mille impegni professionali, trovò il tempo di scrivere un'opera che rappresenta un pregevole omaggio letterario alla sua patria adottiva: "Venezia nei secoli".
Lasciata l'amministrazione comunale per raggiunti limiti di età, non cessò tuttavia l'attività, occupandosi di studi e progetti di opere civili e di infrastrutture portuali e stradali; nuove iniziative e proposte, sempre lungimiranti e geniali, ma tali da suscitare anche discussioni e contrasti. I tempi erano cambiati, tuttavia affrontò con rinnovata passione le sfide della tutela ambientale di Venezia e della sua laguna, partecipando in modo critico e talvolta polemico, al dibattito di salvaguardia.
Competente e concreto, alieno al lezioso formalismo matematico, fermo nelle proprie convinzioni, che sostenne sempre con logica rigorosa e onesta passione, fu un convinto assertore della valenza sociale della professione di ingegnere, che onorò come uomo, come professionista e come amministratore pubblico.